Dalle Olimpiadi al Sinodo: diamo dignità allo sport

È stata l’estate dei Giochi Olimpici di Parigi, evento planetario che conserva il fascino dello sport come esperienza di fraternità e competizione, in cui l’altro non è considerato un avversario, bensì qualcuno che aiuta a migliorarsi e a scoprire quanto si è preparati nella propria disciplina.

La stessa atmosfera vissuta in questi giorni nelle Paralimpiadi. Resto ammirato dalla forza e dalla determinazione che tutti gli atleti mettono nelle varie prove. Seguo in Tv, sui social e sui giornali le performance dei nostri atleti, i risultati, le medaglie vinte e mi rendo conto di quanto quelle persone stiano “mordendo” la vita con tutta la loro forza e passione. Sono davvero un inno alla vita!

A Parigi, nel presentare le varie discipline, oltre allo sport viene indicata una sigla che specifica il tipo di difficoltà fisica. Utile ad identificare al meglio le potenzialità d’ogni atleta, affinché si possa gareggiare tra persone con caratteristiche simili. Riflettevo: in questo caso le sigle aiutano a riconoscersi e permettono agli atleti di gareggiare dando il loro meglio.

In altre circostanze e ambiti della vita, le sigle servono invece per dividere e ribadire distanze: l’esperienza sportiva quindi può aiutarci a superare quelle distinzioni che possono degenerare in scontri e violenza.

Le Olimpiadi coinvolgono invece tutti positivamente: non avverti il noi e loro, i miei e gli altri; la contrapposizione viene smorzata dai gesti di solidarietà, di amicizia e di incoraggiamento condivisi tra gli atleti.

Tornano alla mente le parole di Papa Francesco: «Lo sport è un luogo di incontro dove persone di ogni livello e condizione sociale si uniscono per ottenere un risultato comune. In una cultura dominata dall’individualismo e dallo scarto delle giovani generazioni e di quella degli anziani, lo sport è un ambito privilegiato intorno al quale le persone si incontrano senza distinzioni di razza, sesso, religione o ideologia e dove possiamo sperimentare la gioia di competere per raggiungere una meta insieme, partecipando a una squadra in cui il successo o la sconfitta si condivide e si supera; questo ci aiuta a respingere l’idea di conquistare un obiettivo centrandosi soltanto su sé stessi».

Perciò la Chiesa non può non occuparsi di sport. Deve dare importanza nelle scelte pastorali. Anche il cammino del Sinodo deve accogliere e dare dignità allo sport.

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