Spunti interessanti di discussione dal convegno dedicato al doping promosso dall’ATS della Montagna. Discussione non limitata all’uso di sostanze illecite ma con un orizzonte ben più ampio sulla cultura sportiva. Il CSI Vallecamonica ha inserito questo appuntamento nel piano di formazione degli allenatori di calcio e pallavolo, scelta azzeccata. La relazione di Matteo Vagli, psicologo dello sport, ha fornito interessanti collegamenti per approfondire i contenuti della nostra proposta sportiva. All’interno del convegno il CSI è stato invitato a presentare la propria attività e facendo scorrere le slide con i dati della nostra proposta sportiva è stato naturale collegarli al tema delle aspettative del giovane sportivo trattato dal relatore. Prima di tutto lo psicologo ha chiarito che quando ci si rapporta con un giovane impegnato nello sport non si può improvvisare, bisogna essere preparati. L’affermazione conferma che siamo sulla buona strada; la scelta di imporre la qualifica di allenatore, seguendo un corso di formazione, è giusta e riscuote l’interesse delle società sportive. In questi anni abbiamo formato centinaia di allenatori, oltre trecento sono iscritti all’albo a vario titolo o come mister qualificati oppure in via di formazione. Una direzione che ha portato benefici in termini tecnici e, soprattutto, educativi. Si deve insistere su questa strada magari rinnovando il modello di formazione. E qui viene spontaneo il secondo collegamento con la relazione del convegno. C’è un salto evidente tra i dati di partecipazione della fascia d’età sotto i 14 anni e quella immediatamente successiva. Perché è così marcato l’abbandono sportivo? Spesso ci nascondiamo dietro le giustificazioni “rassicuranti” del calo demografico e dell’impegno scolastico. Matteo Vagli ha descritto il ruolo fondamentale come “motivatore sportivo” dell’allenatore; è lui che deve far crescere l’autostima dell’atleta facendolo innamorare del proprio sport. Viene da chiedersi allora se lavorando, con la formazione, con maggiore impegno su questo aspetto le difficoltà nelle categorie allievi e juniores non possano diminuire. Quante volte ci è capitato di sentire “oggi mio figlio non viene all’allenamento o alla partita perché va male a scuola ed è in punizione”. Il ragazzo, ha sottolineato il relatore in un passaggio, vede quindi lo sport (con il ripetersi delle punizioni) come un fattore negativo in contrapposizione al suo impegno scolastico. Entrano quindi in gioco i rapporti dell’attività sportiva con la scuola e i genitori; perché non stabilire un patto dove tutte le agenzie educative lavorano insieme e fanno diventare il momento sportivo una fase importante nello sviluppo del ragazzo e non un impiccio fastidioso, il primo a subire limitazioni. Una terza riflessione è sulla crisi di alcune discipline sportive individuali. Lo psicologo dello sport ha delineato nel suo intervento i diversi aspetti della percezione della vittoria. Anche in questo caso è l’allenatore lo snodo fondamentale. Esaltare la prestazione a scapito della vittoria è il modo per far crescere la passione sportiva evitando scorciatoie. Negli sport individuali della nostra attività sportiva è questa la strada seguita? Si bada di più al successo o alla bella prestazione, ai miglioramenti di un atleta? Perché tanti ragazzi che ottengono ottimi risultati da giovani con il cambio della categoria e le conseguenti difficoltà poi abbandonano? Dare delle risposte può aiutare ad uscire dalla crisi di alcuni settori sportivi. Questi alcuni spunti di discussione, con altri da approfondire, che diventano utili per pensare al modello sportivo del CSI Vallecamonica da proporre sul territorio.